La venere in autoreggenti

(in lavorazione)*

Sophia percepì le ginocchia molli.

Sarebbe potuta cadere se Beatrice non le avesse sussurrato quanto le piacesse, doveva sentirle quelle parole: la riaccesero di più.

Poi, accadde tutto velocemente. Accolse la sua lingua dentro la bocca, con la sua le ridisegnò le labbra, come faceva con la matita rosa, la mattina davanti allo specchio. Prima sopra, poi sotto, infine univa quei contorni agli angoli.

Era così eccitata, e sentiva che anche Beatrice, ormai, faticava a trattenere il suo piacere.

Aveva un suono il suo piacere, un suono di “s” solleticanti, di brevi silenzi e ansimi.

Poteva esistere un’estasi più totalizzante?

Si sarebbe anche fermata, lì, per non correre il rischio di rovinare tutto ma, a quel punto, non era più possibile. Beatrice era troppo desiderabile e la faceva sentire alla stessa maniera: prelibata e irresistibile. Glielo stavano dicendo le sue mani, i suoi baci, le parole che di tanto in tanto le sussurrava, accordandole con i sospiri affannosi.

Sophia le sfilò la canotta, su, dalle braccia; Beatrice fece lo stesso con lei. Le sbottonò gli short di jeans che caddero a terra, si inginocchiò e le sfilò gli slip scoprendole il pube, quasi del tutto depilato. Un lavoro che doveva aver richiesto precisione e pazienza.

 <<Quiero comerte toda>> disse Sophia, esplorandola in punta di lingua. Poi, si rimise in piedi, si ritrovarono una di fronte all’altra, anche Beatrice le tolse i pantaloni, avesse avuto una gonna sarebbe stato più facile.

<<Para carino>> disse Beatrice sorridendo, poi la fissò seria. <<Esta es la cuarta regla: non voglio segni sulla pelle>>.

 Già, pensò lei, la tua parte da attrice protagonista. Nessun succhiotto, nessun morso, nessun segno visibile di me su di te.

Si spostarono in camera da letto dove, inaspettatamente, i ruoli si invertirono; da quel momento fu Beatrice a condurre i giochi. La spinse sulle lenzuola fresche, sapevano di fiori, e si posizionò a cavalcioni su di lei, afferrandola per i polsi le alzò le braccia sopra la testa, si protese in avanti e iniziò a baciarla: collo, clavicole, seno, la stava dominando.

Ci sapeva fare, le piaceva, tanto, tutto quello che le stava facendo. Perse di vista il tempo, non avrebbe saputo dire per quante ore rimasero lì, su quel letto.

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