Libro della nascita su commissione

I LIBRI CHE RESTANO

Sennò che fine fanno le storie?

Quando mi contattano per scrivere una storia penso “un’altra vita verrà conservata”. E ne sono felice. Davvero felice.

Il senso più alto del mio mestiere è anche questo: prendermi cura delle vite altrui, ascoltandole, facendomele risuonare addosso per poi trasformarle in pagine scritte, capitoli, romanzi che rimarranno ben oltre la vita del suo protagonista.

Tullio che ha 80 anni ha vissuto tanto e intensamente, partendo dal basso della scala sociale grazie alla tenacia e alla forza di volontà è riuscito a diventare un grande imprenditore.

Mesi fa al telefono le tre figlie mi chiedono di scrivere di lui, di ascoltarlo, di fermare sulla carta quello che è stato e che potrebbe andare perduto. Per sempre.

La sua storia passa quasi attraverso un secolo della nostra storia condivisa: momenti clou della società italiana con le sue trasformazioni, i molteplici cambiamenti, le mille contraddizioni che da essi sono generate. Non è troppo dissimile da quella di molti uomini della sua generazione che dal sud dello stivale sono migrati verso un nord più modernizzato e intraprendente in cerca di un domani migliore, anche roseo.

I suoi nipoti, nati nel nuovo secolo, ben distanti da quello precedente, figli della tecnologia e dei social, potranno conoscere molti aspetti della vicenda personale del loro nonno, forse prendendone qualche spunto, o forse no… Certamente ne conosceranno capitoli fino ad allora ignorati, scelte compiute anteponendo alle proprie aspirazioni il bene della famiglia che stava costruendo, e attraverso la sua figura onoreranno (forse) le fatiche fatte per perseguire l’obiettivo di una sua felicità. Ognuno ha la sua idea di felicità e se vi è inclusa anche quella degli altri probabilmente il risultato ottenuto perdurerà più a lungo, rinnovandosi in un moto di eterna bellezza.

E c’è Sofia che sorride con gli occhi come la gente della sua terra. Adottata piccolissima dalla Bolivia, non ha mai rinnegato la madre biologica pur non avendola mai conosciuta, anzi, sono braccia d’amore le sue che l’hanno accompagnata tra altre braccia d’amore. Oggi psicologa infantile, sostiene i genitori dei bambini che, a loro volta, sono stati adottati perché lei ha sperimentato tutto sulla propria pelle. Il senso di esclusione, la fame di accettazione, il desiderio di sentirsi parte di una grande famiglia.

Francesco con me si è aperto fino alle viscere per parlare dei suoi amori tormentati e, ancor prima, dei suoi fantasmi. Un approccio così libero, totalizzante, sconfinato, è decisamente più tipico delle donne che non degli uomini, ma lui è riuscito a bypassare un’educazione stereotipata in cui il maschio non può farsi vedere piangere e deve sempre essere forte anche di fronte alle disfatte amorose.

Katia al telefono esordisce così: “la mia vita è un romanzo, tutti mi dicono che dovrei scriverla”.

Sulle prime penso che, sì, ogni vita ha diritto di essere raccontata, anche quella in apparenza meno straordinaria, più banale. Ma, poi, ascoltando quel fiume in piena che è questa donna triestina mi rendo conto che, davvero, la sua vita sembra sia stata scritta da una grande narratrice che sa affiancare al giallo, il noir, il romantico e qualche accenno di fantasy. Ci sono vite, come quella di Katia, che necessariamente devono essere accolte, protette, accudite e revitalizzate. In qualche modo si scrivono da sole, contengono già tutto, perché hanno vissuto intensamente e conoscono arcani, sentieri, discese, salite, ombre, strategie, maschere… Sono un concentrato di conoscenza, afflizione, speranza e di saggezza umana.

Quante storie, quante vite!

Quante vicende con cui mi sono misurata in questo ultimo periodo, tenendo sempre presente il senso più alto che ogni giorno mi spinge a fare questo bizzarro mestiere: preservare dall’oblio la vita realmente vissuta.

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PRENDERSI CURA delle storie altrui

Sono anni, tanti anni, che mi prendo cura della STORIA DEGLI ALTRI attraverso il mio lavoro di scrittrice su commissione. Quante vite ho ascoltato e raccontato! Quanti romanzi, biografie, taccuini, poesie, lettere, ne sono usciti!

Mi correggo, definirlo un lavoro è giusto ma per certi aspetti riduttivo, dal momento che per me è molto, molto di più. Quando qualcuno mi affida la scrittura della propria vita, di quella di un parente, di un amico o di una vicenda che gli sta particolarmente a cuore, compie un atto di fiducia e di immensa generosità nei miei confronti. Non solo verso la Signorina Write, ma anche verso Teresa-scrittrice, Teresa-donna che vive, partecipa, si emoziona e si adopera affinché quella storia tanto unica possa beneficiare al meglio dell’arte della narrazione.

Oggi si fa tanto parlare dell’INTELLIGENZA ARTIFICIALE anche nell’ambito della scrittura. Non la voglio temere, non è da me prendere le distanze – soprattutto a priori – dalle novità, anche se sulle prime possono spaventare o suscitare sentimenti di diffidenza. Ma sono certa che nessuna intelligenza artificiale potrà mai sostituire l’amorevole, minuzioso LAVORO DI UN BRAVO SCRITTORE SU COMMISSIONE.

Tra me e il mio committente si instaura un rapporto umano, di profonda empatia e confidenza. Fin dalla prima telefonata (o videochiamata) mi metto in ascolto, divento creta malleabile nelle mani della sua biografia, strumento che si accorda alle emozioni che riaffiorano, a una a una, in una sorta di ipnosi catartica, di magnetismo terapeutico.

Talvolta le telefonate si dilungano per ore e spesso al termine, poco prima di salutarci, mi sento dire: “Teresa, ora mi sento meglio”, “è come andare dall’analista”, “finalmente, mi è tutto più chiaro”.

Uno degli aspetti che più mi coinvolge del mio lavoro è il sentirmi parte attiva, viva, pulsante di quella stessa esistenza che attraverso la narrazione rinasce nuovamente. Parte attiva, certo, pur mettendomi a completa disposizione dell’altrui vita, della sua gestazione, di una storia che non è la mia ma che in qualche modo, poi, la diventa.

Raccontare capitoli di ciò che si è stati, si è fatto, si è diventati significa inevitabilmente tornare indietro, a certi momenti salienti che hanno modificato il corso delle cose, significa riprovare quelle stesse emozioni, sentirsele scorrere addosso con l’intensità di un tempo trascorso che non sempre affievolisce la percezione di antichi dolori, gioie, malinconie, resistenze, cadute, riprese. Chi racconta liberamente, senza sentirsi forzato né imbrigliato in schemi da seguire, rivive appieno quel patrimonio emotivo, si commuove, gioisce, qualche volta tenta di prenderne le distanze o di modificarlo attraverso il racconto a voce alta che omette certi passaggi e ne esalta altri.

Sono stata spesso testimone di un dolore mentre risale in superficie e riprende spazio, di un sentimento di acredine, di sgomento che si rinnovano, ma mai li ho minimizzati, piuttosto li ho accolti e rispettati. L’esperienza e i miei studi di filosofia e di psicologia mi hanno insegnato a ridimensionare certe scodate, ricorrendo per esempio al potente strumento della leggerezza che allenta la tensione e induce all’apertura, alla morbidezza.

L’intelligenza artificiale può fare tutto questo?

Dunque, il mio compito è anche quello di ristabilire la GIUSTA ARMONIA mentre la storia si dipana e i ricordi riemergono, goccia dopo goccia, talvolta ondata dopo ondata, nel pieno rispetto delle tempistiche di chi racconta e si fida di me, porgendomi il bambino ferito, la donna abbandonata, il padre offeso, l’amica incompresa. Col tempo ho imparato a impiegare le parole giuste, i doverosi silenzi, le carezze che curano (anche al telefono si può carezzare un’anima in subbuglio).

Il mio scopo è quello, sì, di far uscire memorie e ricordi assopiti, immagini e discorsi pronunciati, ma è anche quello di rendere l’esperienza della narrazione, del DIRSI LE COSE A VOCE ALTA (così che possano essere guardate da un’altra angolazione), il meno dolorosa possibile. Mi piace pensare a una lunga camminata fatta insieme, addentrandosi in un bosco abitato da personaggi del passato o della fantasia che riprendono vita raccontandosi.

Sono così grata a chi mi si rivolge, così grata alla Signorina Write che mi ha permesso in tanti anni, e tutt’ora mi permette, di respirare, conoscere e amare la VITA in tutte le sue dimensioni.

Quanta vita ho imparato, scrivendola!

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